Turismo e Metaverso tra presente e futuro
Se il nostro Zuckerberg, dopo aver cambiato nome al suo gruppo, ha chiamato la nuova star del web Khaby Lame, re di semplicità e immediatezza, per far comprendere a noi, umili mortali, cosa sarà il Metaverso, probabilmente la realtà virtuale firmata Meta non è così lontana dall’arrivare.
Oltre all’interessamento del padrone della più grande comunità di utenti del pianeta, sono tanti i segnali concreti della “virtualizzazione” del reale. Il gioco di parole è necessario finché non arriverà un aggiornamento della lingua italiana per la quale, ad oggi, virtuale è il contrario di reale. Sulla Treccani, si legge che i contrari di virtuale sono “attuale, effettivo, in atto, reale… tangibile, vero“.
Eppure il metaverso, anzi, i metaversi di oggi, sono proprio in queste parole che al momento la lingua definisce come “contrari”: le realtà virtuali invece sono attuali, effettive, in atto, reali, tangibili e vere. Talmente “in atto” che il giro d’affari per il 2024, secondo le stime di Bloomberg, sarà sugli 800 miliardi di dollari.
Nell’anno appena passato, il mercato degli NFT ha visto dai 10 ai 40 miliardi di dollari di scambi (dipende dalle stime effettuate), ma al di là dei numeri precisi, alcuni segnali fanno comprendere quanto sia potente e alle porte una rivoluzione pari quanto meno all’avvento del cosiddetto web 2.0; una svolta epocale con la quale anche il settore turistico e le comunità locali dovranno farci i conti.
Il turismo di oggi e quello di domani
Il rapporto, ormai indissolubile, tra turismo e digitale oggi è in un bel panino con l’hamburger.
Le parti di pane sono domanda e offerta, in mezzo c’è il prodotto turistico che dà valore a entrambe le fette. Più la carne al centro è succulenta, saporita e ben cotta, più valorizza il pane.
Ma per rendere quell’hamburger saporito c’è bisogno di tutta una serie di preparazioni che rendono più o meno gradevole, o sgradevole, il panino nel suo complesso.
Tra quelle preparazioni, una parte preponderante ce l’ha la cottura, e il digitale è proprio come questa: rappresenta ormai la parte preponderante per la commercializzazione (e non solo) di un prodotto turistico.
Tralasciando qualunque osservazione sul lavoro delle OTA, come Booking, e su quanto influenzino il mercato, resta il fatto che nell’odierno processo di digitalizzazione gran parte della cottura dell’hamburger è determinata da un fattore terzo di cui nessuna delle due fette di pane può fare a meno. E quando a cuocere l’hamburger è un’OTA, non solo decide come e quanto cuocerlo, ma decide anche quanta ciccia si mangia prima di farcire il panino.
E qua, tornando al Metaverso, entra in gioco la tecnologia blockchain che, senza entrare nei particolari, promette di avvicinare domanda e offerta con un impatto di intermediazione profondamente minore rispetto a cosa avviene oggi.
In soldoni: l’avvento del metaverso, con la sua tecnologia e le sue criptovalute, dovrebbe lasciare nelle tasche degli operatori turistici che operano sul campo molto più di quello che rimane oggi dalla vendita di servizi attraverso intermediari digitali. Soci tanto famelici quanto necessari.
Ma questo è solo un auspicio di chi realmente crede in una rete più libera, ed è quanto affermano coloro che vogliono conquistare una parte di mercato oggi saldamente in mano alle mastodontiche OTA pigliatutto.
Guardata con gli occhi del turista, la realtà virtuale lo pone di fronte a due scenari: sostituire i viaggi nel mondo reale con vacanze virtuali, o utilizzare le nuove tecnologie per organizzare meglio e più autonomamente i viaggi reali?
Personalmente, la mia risposta (ma io sono un romantico, quindi non faccio testo) è che nulla potrà mai sostituire il rapporto umano e la sensazione di godere dal vivo bellezze naturali e storiche, nonché il sentire odori e sapori locali.
Ma proviamo a spegnere le nostre attitudini e facciamoci un salto indietro ponendoci questa domanda: la rivoluzione del turismo online ha generato persone sedute avanti al pc a guardare immagini, o turisti sempre più informati e consapevoli?
A mio avviso il “problema” del Metaverso riguarderà OTA e operatori, non i turisti che potranno ricevere dalla crescita del virtuale solo un’esperienza migliore prima, durante e dopo il viaggio.
Con un punto fermo: nessun mondo virtuale potrà e dovrà sostituire il calore dell’accoglienza, di un sorriso, di un’attenzione sincera e spontanea e delle relazioni interpersonali e con se stessi ogni volta che si fa un viaggio.
L’economia reale entra nel mondo virtuale
Ecco l’opera d’arte in NFT al momento più costosa della storia. L’autore è Beeple che, nella logica del virtuale, è uno pseudonimo, precisamente dello statunitense Mike Winkelmann.
Facciamo subito una premessa necessaria per andare avanti.
Il Metaverso è caratterizzato da due entità che sono le blockchains e gli NFT. Le prime sono figlie di una tecnologia complessa di cui non facciamo neanche cenno perché lontana dall’utente comune, mentre gli NFT (Non Fungible Token) sono più vicini all’utente medio entrando in gioco nel momento in cui si interagisce con il nuovo mondo virtuale.
Semplificando, un NFT non è altro che un certificato.
Di un bene o un servizio virtuale, ma pur sempre di un bene o di un servizio si tratta. Informazioni digitali come un pagamento, una proprietà, musica, video, ecc.
Anche oggi, quando acquistiamo un’auto riceviamo un certificato di proprietà, e quel certificato è dematerializzato e alloggia nei server del PRA. Possiamo vederlo al computer o stamparlo.
E’ così anche per un NFT, nè più nè meno, con la sostanziale differenza che non alloggia su un server centralizzato di una terza parte, ma in un sistema decentralizzato talmente intrecciato e controllato da tante entità da risultare non duplicabile, quindi è unico e sicuro e, soprattutto, non dipendente dalla volontà di chi gestisce un server.
Al contrario però di un’auto in cui si siede il nostro corpo, se acquistiamo un’auto del Metaverso la guiderà un nostro avatar probabilmente.
Inoltre, così come possiamo decidere di vendere la nostra auto (nel mondo reale), possiamo vendere quella virtuale.
La moneta in questo che, erroneamente, può apparire un grande gioco in 3D (tipo il Second Life dell’inizio del secolo), non è come i soldi del Monopoli che si possono toccare ma sono irreali, bensì è una moneta virtuale ma assolutamente reale. E lo sa bene chi ha acquistato Bitcoin nei primi anni della loro comparsa, realizzando una fortuna… reale.
Inutile specificare, quindi, che la moneta è rappresentata dalle varie criptovalute, ma anche su questo non diciamo nulla perché non è questo il luogo.
Il settore che, per ora, ha visto il maggior sviluppo in NFT è quello dell’arte, tant’è che l’opera virtuale di Beeple, vista in apertura, è stata battuta all’asta da Christie’s, la prestigiosa e antica casa d’aste (che più reale e tradizionale non si può) per 69 milioni di dollari!
E, in giro per il pianeta reale, ci sono persone reali disposte a spendere milioni di dollari reali (cambiati in moneta virtuale) per acquistare dei file immagine in NFT di 24×24 pixel come questi.
Questi volti pixelati, chiamati CryptoPunk, hanno generato scambi per oltre 9 miliardi di dollari, e c’è qualcuno che ha speso (record di questi giorni) ben 23 milioni di dollari per un singolo personaggio.
La collezione di 10mila CryptoPunk è senza dubbio all’apice di una moltitudine di NFT dal valore più modesto (o quasi nullo), ma nel complesso siamo di fronte a un mercato virtuale/reale con migliaia di creators, e milioni di venditori e acquirenti che stanno smuovendo una quantità smisurata di criptovalute.
Ma non mancano all’appello degli spendaccioni del Metaverso aziende come Nike, che acquisisce il marchio RTFKT, specializzato nella realizzazione di sneaker virtuali, e Adidas che prende uno spazio in The Sandbox, un ecosistema virtuale in cui è approdato proprio in questi giorni anche un calciatore italiano famoso come Verratti che ha acquistato un’isola. Virtuale, ovviamente.
E se per il calciatore o per chi acquista un’immagine di 24×24 pixel si può dire che sia uno sfizio e un passatempo (ma ognuno poi conosce i propri progetti), stessa cosa non può certo valere per i due big dell’abbigliamento sportivo appena menzionati e per le case dell’alta moda come Balenciaga e Gucci.
Per la verità non può essere considerato uno sfizio la storia di CryptoPunk #5822, acquistato a 8 Ethereum nel 2017 e venduto nei giorni scorsi a 8000 (pari a circa 24 milioni di dollari), con un valore moltiplicato x1000 in criptovaluta.
Se poi pensiamo che il valore di un Ethereum nel luglio 2017 era intorno ai 200 dollari, e che quindi #5822 fu acquistato per circa 1600, la vendita ha moltiplicato x15000 il valore in dollari. Tra i vari passaggi, c’è un trasferimento intermedio, quindi non è dato sapere se chi ha incassato i 24 milioni di dollari è colui che lo aveva acquistato a 1600. Fatto sta che siamo di fronte a un vero e proprio investimento speculativo.
Altro che sfizio.
Turismo in NFT
Abbiamo visto come l’economia reale è già entrata nel Metaverso, e come alcune rappresentazioni virtuali, in NFT, rappresentano già oggi un incredibile investimento reale.
Ci sono numerosi esempi di questo crescente interesse anche da parte di tanti protagonisti del settore turistico. E non poteva che essere così.
Iniziando dagli alberghi che sempre più numerosi accettano pagamenti in criptovalute, o compagnie come la società australiana WebJet Exclusive, che vende voli e crociere; le compagnie di bandiera lituana (Airbaltic), che accetta pagamenti in Bitcoin da qualche anno e la Surf Air, che vende biglietti in diverse valute virtuali.
Sulla stessa lunghezza d’onda sono già nate le prime OTA che basano i loro movimenti in criptovalute, come Travala. Questi operatori hanno già stretto accordi con i big “tradizionali”, come Booking ed Expedia, per avere in portafoglio milioni di hotel in tutto il mondo, dimostrando che già ora la commistione tra i due mondi, reale e virtuale, è tutt’altro che trascurabile.
L’Ente Sloveno per il Turismo già cavalca la tecnologia blockchain realizzando collezioni di NFT da regalare ai propri turisti, in modo da lasciare un ricordo del viaggio nuovo e indimenticabile in questo momento. Certamente un modo originalissimo per rimanere impressi nella mente dei clienti e costruire un nuovo canale di comunicazione e promozione.
Il vantaggio della nuova tecnologia nativa del Metaverso, la blockchain, rende possibile la costruzione di un rapporto di fiducia diretto tra fornitore del servizio turistico (alloggio, ristorazione, esperienza) e consumatore finale. Questo permette anche di bypassare gli intermediari finanziari per i pagamenti online. Ma si entra in aspetti molto tecnici che tralasciamo.
Fatto sta che un colosso dei pagamenti dematerializzati del pre-Metaverso (e del sistema pre-blockchain) come Visa ha acquistato per 150mila dollari uno dei CryptoPunk mettendo in moto tutto il potenziale comunicativo per sottolineare la propria vicinanza a questo nuovo mondo. Se si tratti di una sintonia reale o di un modo per ostentare un sentimento positivo che cela, in realtà, una forte insofferenza per paura di perdere importanti quote di mercato potrà dircelo solo il tempo.
Istituzioni e Metaverso
Ultimi esempi emblematici di quanto il mondo reale stia abbracciando quello virtuale riguardano due istituzioni che non sono certo realtà marginali o sprovvedute: la Svizzera e il Principato di Monaco.
Nel primo caso il Canton Zugo e la città svizzera di Zermatt accettano il pagamento delle tasse in criptovalute, nel secondo caso il Principato di Monaco ha messo in piedi già dal 2019 un sistema per la visita virtuale.
Oltre queste esperienze avveniristiche, l’attenzione istituzionale nei confronti del Metaverso è ancora in fase embrionale.
E’ vero che sono sempre di più le visite virtuali a distanza di singoli musei e va diffondendosi la realtà aumentata messa a disposizione dei visitatori in loco, infatti in campo culturale la fruizione in 3D ha già una certa diffusione, ma ancora non ci sono tracce di un’attenzione istituzionale decisa al Metaverso, o almeno ancora non se ne parla abbastanza.
Quanto, poi, ogni singola istituzione stia già facendo è probabilmente appannaggio di pochi saperlo.
Di certo l’esempio, visto prima, dell’Ente del Turismo Sloveno è un gran bel segnale per chi pensa che i cambiamenti epocali vadano abbracciati prima che si affermino, in modo da avere un vantaggio competitivo, quanto meno in termini di comunicazione e visibilità.
Così la pensavano i creatori dei CryptoPunk che, grazie alla loro intuizione pionieristica, hanno realizzato qualcosa di inimmaginabile allora e anche ora.
Di spazio per essere pionieri nella nuova realtà virtuale oggi ce n’è ancora, ma chissà ancora per quanto tempo.
Come diceva Rossella O’Hara in Via col Vento “domani è un altro giorno”.
Tanti interrogativi e una certezza
Solitamente, si conclude con un paragrafo che, appunto, dovrebbe intitolarsi “conclusioni”.
Ma qua c’è poco da concludere.
L’unica certezza è che il Metaverso è una realtà (e su questo non ci possono essere dubbi), ma è talmente in evoluzione che si aprono infiniti scenari e non è possibile giungere a nessuna conclusione.
Per ora, questa nuova realtà virtuale può apparire tutto e niente.
Un po’ come quando, all’inizio della sua diffusione di massa, internet si valutava come un bel modo innovativo di sfogliare e conservare qualche catalogo o qualche enciclopedia senza bisogno di andare in agenzia viaggi o in biblioteca e, in più, risparmiando tanto spazio sugli scaffali di casa.
Quanti avrebbero mai pensato, in quella fase, di pagare dallo smartphone, di essere liberi di entrare in un ristorante grazie ad un quadrato di quadratini bianchi e neri letto da un altro smartphone o di poter inviare agli amici foto e video con un dito e in tempo reale?
Abbiamo visto numeri, che sono la quintessenza del reale, che prefigurano una crescita impetuosa del Metaverso. Ma è tutto ancora da vedere.
Di certo, dietro i freddi numeri c’è sempre un paradigma di comportamento umano che si concretizza in una mole, più o meno numerosa e massificata, di azioni.
Le azioni di massa derivano sempre dalla riproduzione dei comportamenti dei cosiddetti pionieri. A volte questi comportamenti pionieristici rimangono isolati, altre volte vengono replicati ed entrano nella vita di tutti i giorni, in ogni parte del pianeta.
Così è stato in passato e così sarà in futuro.
A metà degli anni ’90, chi sentiva parlare di internet se ne scappava pensando a qualcosa per soli addetti ai lavori, ma pochi anni dopo è entrato almeno un pc in ogni casa.
Nella prima metà del nuovo millennio la socializzazione online era riservata ad un manipolo di universitari americani, ma qualche anno dopo sulla stessa piattaforma c’erano miliardi di persone.
L’arrivo del Metaverso presenta tante similitudini che preludono, come sempre, a resistenze e perplessità ma anche alla possibilità di una vasta diffusione; in più c’è un potente alleato su cui le precedenti rivoluzioni digitali non hanno potuto contare.
Infatti, al contrario dei due cambiamenti epocali precedenti che si sono diffusi in un contesto di digitalizzazione nulla (nascita di internet) o appena iniziata (avvento dei social) e “limitata e scomoda” perché legata ad hardware ingombrante, il Metaverso nasce in una società già digitalmente evoluta e che ha il mondo in tasca.
In questo quadro reale e di prospettiva, le grandi OTA, gli operatori turistici sul territorio e le comunità dovranno, prima o poi, necessariamente fare i conti con questa nuova realtà.
La domanda che appare più interessante potrebbe essere la seguente: comunità locali che desiderano distinguersi quando dovranno aprirsi al nuovo virtuale, e quanto tempo avranno gli operatori per mettersi al passo coi tempi prima che la parte del leone, anche nel Metaverso, la facciano le grandi OTA?
Sul futuro potere di questi colossi, oggi indiscussi, si misurerà l’effettiva capacità della tecnologia blockchain di esplicare tutto il suo potenziale per la costruzione di una rete realmente più democratica e decentralizzata.
Solo se le blockchains faranno davvero il lavoro per cui sono nate, allora il turista sarà proprietario dei suoi dati personali, delle sue preferenze di acquisto e delle sue recensioni, e gli operatori sul territorio avranno maggiori possibilità di gestire i propri prodotti/servizi con poche influenze esterne e intermediazioni più eque e negoziabili, con una conseguente migliore distribuzione della ricchezza.
Il futuro è adesso.